libro-cd: il booklet diventa un vero e proprio libro che racconta le fasi della lavorazione, fonti di ispirazione, suggestioni, motivazioni e molto altro
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about
Il fatto che il diminutivo di Federica sia Fede è certo una bella fortuna per dare il titolo a una canzone d’amore.
Mi affascina la possibilità di credere in dio, oggi, proprio oggi che abbiamo superato il secolo in cui i riti sembrano aver perso significato, il secolo in cui i prodigi della scienza e della tecnica ci hanno dato centinaia di “evidenze scientifiche” che hanno giustamente surclassato credenze popolari, dandoci però solo l’illusione che tutto della nostra esistenza possa essere spiegato, chiarito. C’è invece una zona d’ombra ineliminabile, che fa parte di noi e della natura, che forse ci indica la strada da seguire, perché è il non conosciuto e il misterioso che ci porta ad indagare oltre. Ma questa sarebbe ancora una visione “positivista”, come se fossimo tutti piccoli Colombo o piccoli Capitani Kirk diretti fieramente verso mondi sconosciuti da scoprire. Sappiamo invece anche che nella vita (anche soltanto nella nostra vita emotiva di tutti i giorni) sono più frequenti i naufragi degli approdi. Andrebbe allora compiuto un altro passo, non razionale. Forse non è necessario andare chissà dove per cercare ciò che è oscuro dentro di noi e che, pur in continuo movimento, difficilmente cambierà chiarendosi e spiegandosi. Forse, benché sia auspicabile, non c’è bisogno di confrontarsi con un masai per vedere il misterioso e considerare altre possibilità del nostro pensiero: basta guardare dritto negli occhi chi ti sta vicino.
È dunque, Fede, una canzone sul tornare. Sul tornare la sera nella stessa casa da cu si era usciti la mattina, sul tornare per ri-trovare la stessa persona. Ritrovare quei sentimenti, ancora una volta nuovi, ogni volta. Capita allora di pensare alla morte e di poter tornare in vita, quando nulla del mondo che conosciamo ci può rassicurare su questo e anzi, spesso, ci allontana con violenza o scherno da questa speranza. Capita di pensare di tornare ancora da chi amiamo, dopo viaggi impossibili della mente, del corpo, dello spirito. Capita di essere come molti altri esseri umani, in attesa da più di duemila anni che qualcosa avvenga. Capita di resistere alla tentazione del materialismo perché la vita così come è il XX secolo ce l’ha messa sotto gli occhi, tra una guerra e l’altra. Credere alla resurrezione dei morti non è superstizione né follia: è arrivare al limite estremo del pensiero dove non esistono parole né concetti, forse là esiste musica, forse luce.
Nelle strofe si elencano varie forme del “tornare”, nel ritornello la divagazione è più felice e insieme più disperata: volere altro tempo, perché non è mai abbastanza, voler far parte di un’altra vita, con ritmi dilatati, diversi. Ritmi da ambient music che torneranno, qualche traccia più avanti. Ritmi in cui la morte è già vinta, poiché la vita, la morte e l’altra vita fanno parte di un unico grande brano, dolce e complesso.
Mi sembrava un buon pezzo di apertura, così sognante e avvolgente, così accogliente.
Ricordo quella giornata di ottobre, un ottobre malato, troppo mite ma grigio, ricco di sbalzi di temperatura, non sarebbe stato strano incontrare gente con la cuffia e i sandali… il mio bambino a casa malato e anche io danzavo sull’orlo di un precipizio chiamato raucedine incipiente e, quindi indugiavo in continui pensieri catastrofici: non avrò mai più la voce, come farò? Proprio adesso! Ecc. ecc. Il tempo è sempre tiranno (almeno nella mia testa, quando sto lavorando a qualcosa di “artistico”), quello era il giorno stabilito per cantare e quindi volevo, come si dice, “portare a casa” qualcosa, anche in quel pomeriggio balzano. Quindi mettemmo in stand by Stadio Successivo (traccia 4: molto più impegnativa da cantare) e ci concentrammo sulla dolce Fede… la raucedine è ulteriormente peggiorata nei giorni successivi ma quel giorno fui graziato…
lyrics
È un giorno come un altro
gli occhi color del lago
cerco un grande sì…
ho le tasche vuote
e vento nelle mani
ma sono certo di tornare qui.
Ogni asfalto ha una crepa
anche il bosco va in rovina
cerco un grande sì…
con gli stessi occhi
vediamo un altro cielo
e sono certo di tornare qui.
Voglio altro tempo
perché ne serve di più
vedere crescere gli alberi
l’erosione del male.
È un giorno come un altro
la mente è una prigione
cerco un grande sì…
è questo che rimane
cercare e non trovare
ma sono certo di tornare qui.
Voglio altro tempo
perché ne serve di più
vedere crescere gli alberi
l’erosione del male.
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