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Stadio Successivo

by Giovanni Peli

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    libro-cd: il booklet diventa un vero e proprio libro che racconta le fasi della lavorazione, fonti di ispirazione, suggestioni, motivazioni e molto altro

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1.
Fede 03:28
È un giorno come un altro gli occhi color del lago cerco un grande sì… ho le tasche vuote e vento nelle mani ma sono certo di tornare qui. Ogni asfalto ha una crepa anche il bosco va in rovina cerco un grande sì… con gli stessi occhi vediamo un altro cielo e sono certo di tornare qui. Voglio altro tempo perché ne serve di più vedere crescere gli alberi l’erosione del male. È un giorno come un altro la mente è una prigione cerco un grande sì… è questo che rimane cercare e non trovare ma sono certo di tornare qui. Voglio altro tempo perché ne serve di più vedere crescere gli alberi l’erosione del male.
2.
Grave pericolo l’onda microscopica fette di ricordi ossessionanti e sfalsati: dov’ero a Londra mentre dormivo? sei tornata indietro a dire “Non tornerò più”. C’è un tuono di bambino che suona terremoto intransigente struscia tra le lenzuola. È una lista strabordante di esigenze lucertoline senza valigia e senza borsa. Accendo gli occhi nella cameretta: c’è una sfilza di libri e accappatoi per negare ogni nudità… e così cerco l’altro lato della saggezza incontrando te mi butto leccando via il sapore dalle dita stai giù: prima o poi ritorno fermo lì: non è finito il mondo ti insegno io a registrare tutto questo lutto pieno d’amore.
3.
Aggiungo fiato all’aria che ha bisogno di respirare e volteggiare meglio camminare o meglio ancora stare e più specificamente stare nello stesso vento confusi su per le pareti di mare e giù per gli abissi dei monti interrompendo la comunicazione. Tanto che è come essere uno di fronte all’altro e non vederci e non sentire il nostro rispettivo calore. Il profumo tanto che non sentiamo contro la pelle le gabbie delle convenzioni che insieme alla storia prosciugata dei sentimenti sono pesi alle caviglie sempre più affrante quella storia fatta di no insistenti come quelli della voce degli altri. Tanto che è come essere uno di fronte all’altro e non vederci e non sentire il nostro rispettivo calore. Finisce tutto in un calcio alla ruota e ti fai male al puntone come le unghie quando tiravi male lì contro il duro lo sbordarsi della voce in fondo che a volte tieni così curata perché possa consolare lasciando farsi il senso ma non è vero niente e già è molto guardare il resto che indebolisce. Tanto che è come essere uno di fianco all’altro e non vederci e non sentire il nostro rispettivo calore. Tanto che è come essere uno di fianco all’altro e non vederci e non sentire il nostro rispettivo calore.  
4.
Non parlo da mesi e tutto è finito nel buio. Il contenuto di verità del buio sperando fosse un’esperienza solo mia e rifiutando di parlarti e di cantarti tu… che potevi ben rispondere e salvarmi mi hai lasciato con la tua burbera delicatezza e mi dicesti “non perder tempo tra lacrime e seduzione” e mi dicesti “Nulla si rompe più nella gola nulla si rompe più nella gola”. Persistente mantenendo come animali un registro più consono e sono passati così gli anni e siamo come si suol dire allo stadio successivo e se non sarà il prossimo sorriso gli uomini non cambieranno mai… Mentre si fronteggiano due entità mentre fra i tuoi capelli respiro mentre si fronteggiano due entità mentre fra i tuoi capelli respiro Non dormo da mesi e tutto è finito nel buio. Non parlo da mesi e tutto è finito nel buio…
5.
6.
Consumo 03:45
Soltanto questi due qui che adesso vogliono amarsi entrano dalle finestre aperte così quando fa troppo caldo non ti capacitavi. Quanta voglia restava e ti concentravi e mi portavi a sentire senza brutte figure arreso amore. Forsennato amore per il consumo in una montagna di rifiuti trapassando la volontà. Divinizzando i rumori e tu guardavi alla tele giornalisti sportivi tagliando voci femminili quanta voce che sguscia. Ed eccone altri due circonfusi di sapori orientali dimenticando tutti i rumori e poi ti concentravi: suonavi. Forsennato amore per il consumo in una montagna di rifiuti trapassando la volontà.
7.
These are the days of the returned bugs The beetle walks already tired among the daisies Everything buzzes in the garden Ants seeking shelter in the house Cause they sprayed the poison two or three upstairs exploring the floor While I still gasp to the usual siren
8.
Una voce vigliacca che risuona degradata dalla mascella gravata di insulti quella raffica di incandescente mostruosa separazione e la paura che ti si rubi il posto l’insonnia che fa girare nella memoria la violenza. I nostri sensi di colpa che camminano nel loro infruttuoso presente troppo in alto per noi troppo in alto per noi. La torre d’avorio è di sabbia soffiata via ma a sprangate hai solo distrutto il parabrezza: hai fatto come nei film. Domani capiranno quello che vogliono. Domani capiranno quello che vogliono. Terminato l’omicidio una voce soffiata via cade ancora falsamente chiudendo gli occhi agli altri quando avevano troppa paura che ti si rubi il posto e finiamo la notte a ricucire i Chi Sono i Mai Più e i corvi. Il giorno arriva ancora malintenzionato si dipana spettrale con i suoi raggi involontari, di buono ha solo la ferocia l’ineguagliabile delirio di onnipotenza; sentiamo meravigliose anche cullarsi fra nitide prospettive lascive ma a sprangate hai distrutto solo il parabrezza: hai fatto come nei film… Domani capiranno quello che vogliono Domani capiranno quello che vogliono.
9.
Plastica 02:55
Trovata di plastica per quanto Mi ostinassi a particolareggiare certe resistenze alla sintassi Poi rappresentavano certe alterazioni in un discorso sempre falso e stabile Trovata di plastica biologica Pura e semplice deprecabile compromessa la memoria ruvida Questo è il risultato dei pensieri miei detto e ripetuto e tutto bagnato Perduta atomica ma quanto fa amore più amore plastica più disonore ma quanto fa ma quanto fa…
10.
Soltanto una gabbia non è cambiato niente passa insieme al vento Mischiato all’odore di pane viene su come un fiore Soltanto una gabbia non è cambiato niente passa insieme al vento mischiato all’odore di pane viene su come un fiore Non è cambiato niente passa insieme al vento soltanto una gabbia non è cambiato niente Passa insieme al vento il desiderio soltanto una gabbia non è cambiato niente passa insieme al vento Viene su come un fiore Passa insieme al vento Soltanto una gabbia Passa insieme al vento Non è cambiato niente viene su come un fiore mischiato all’odore di pane soltanto una gabbia non è cambiato niente passa insieme al vento viene su come un fiore Viene su come un fiore

about

Fu allora che seppi che avevo deciso di barattare la mia sicurezza con qualcosa d’altro. Fu in quel momento. E qualunque cosa fosse accaduta in futuro sapevo che ormai avevo attraversato un confine, ormai ero altrove.
Jeff Vandermeer, Borne


Ogni brano di un album discografico si chiama anche “traccia”. Ma tutto quello che facciamo, e quello che siamo, è una traccia. Alcune tracce vengono protette da teche, altre sono state nascoste dalla vegetazione, altre sono cancellate dalla risacca. Non lasciamo tracce per gli altri, né per noi stessi, le lasciamo e basta. Tutto quello che facciamo lascia una traccia. Qualcun altro percepirà una presenza.

Ho cominciato a scrivere le canzoni di Stadio successivo, verso la metà del 2020, mentre promuovevo i libri La vita immaginata e Sulla soglia. La scrittura e la successiva preproduzione dei brani sono proseguite durante il 2021 parallelamente alla stesura, pubblicazione e promozione del romanzo breve Fermate la produzione!, pubblicato all’inizio del 2022, periodo in cui incontrai il produttore Michele Marelli.

Ho “messo insieme” molte volte le mie canzoni, fin già dagli anni Novanta, in album-demo pressoché perduti. Stadio successivo è il mio settimo disco “professionale”, ovvero prodotto in uno studio di registrazione, con molta cura, vari collaboratori e varie energie dedicate. Fare dischi è una azione complessa e faticosa ma credo che non ci sia niente di più noioso e velleitario di un artista che rivendica la sua professionalità e che rimarca quanta fatica fa per produrre un’opera, come se dovesse giustificarsi verso i fruitori che molto probabilmente fanno un lavoro meno piacevole per gran parte del loro tempo, o far credere ad altri artisti di essere più meritevoli data la misurabilità della loro fatica, quindi tenterò di non farvi pesare troppo la mia decisione/necessità di raccontarvi cosa sta dietro a Stadio successivo. Fare dischi è un fenomeno complesso di cui, come è giusto che sia, nemmeno chi firma il lavoro ha completamente sotto controllo tutte le fasi. Anche la scelta dei collaboratori fa parte del “lavoro” artistico. Del resto anche scrivendo da soli con la penna su un foglio di carta si mettono in gioco energie non sempre consce. Per quanto mi riguarda la “prima fase” è quella solitaria fatta di carta, penna e uno strumento. In questa fase di certo ho almeno l’illusione di avere sotto controllo qualcosa. La seconda fase è la preproduzione, che in Stadio successivo per la prima volta ho curato personalmente, ancora in solitudine: è la fase in cui si registrano le parti di strumenti e si abbozza l’arrangiamento. Anche se non definitivo, l’arrangiamento di una preproduzione suggerisce l’“intenzione” del pezzo e la “poetica” del sound deve già emergere. L’ideale è portare in studio, dal produttore che si sceglie (in questo caso Michele Marelli, – che essendo anche ottimo batterista, fornisce la sua chiave di lettura dei brani anche attraverso il suo strumento –) una preproduzione il più possibile chiara, che lui interpreterà a sua volta e darà all’artista e ai musicisti (in questo caso solo Emanuele Maniscalco – e Silvio Uboldi per un pezzo –, poiché Stadio successivo l’ho sentito come un percorso molto personale e per certi aspetti “chiuso”, una sorta di nuova-vita-quotidiana e non una festa eccezionale, come lavori precedenti in cui mi sono sentito di coinvolgere molte persone) tutte le indicazioni per “rifare meglio” ciò che in nuce c’era già, oppure per evidenziare idee inespresse, a volte, appunto, addirittura inconsapevoli. Il produttore a cui ci si affida deve insomma “tirare fuori” il meglio dai musicisti coinvolti, rendere precise le intuizioni dell’artista, in qualche modo “tradurle” in un linguaggio coerente e quindi fruibile da chi abbia la curiosità di ascoltarlo. È molto di più che “passare in bella copia”.

Quando ho presentato il progetto dal titolo Stadio successivo sono andato al Monolith Studio con una ventina di pezzi “preprodotti” con Ableton. Avevo buttato giù tante idee da riempire due album almeno uno di canzoni e uno di uno strano genere che mescolava l’ambient music alla canzone. Crudelmente Michele e io abbiamo scartato molte idee e individuato i dieci pezzi più convincenti. Crudeltà di questo tipo sono indispensabili per creare un’opera coerente e che abbia una direzione precisa. Per questo un artista che vuole migliorare le potenzialità dei suoi pezzi e decide di lavorare con un produttore non deve mai affezionarsi troppo a versioni precedenti di un pezzo. Perché la forma ideale del pezzo, molto probabilmente, non è quella che lui ha creato. Mi sono rimaste nel cassetto parti di chitarra che reputavo più che buone che non ho potuto utilizzare, per esempio. E quante parole vanno perdute prima di trovare il testo giusto…

Il lavoro di rielaborazione delle mie idee, il primo passo importante effettuato con Michele, è finito a ottobre 2022. Avevo risuonato i bassi e le chitarre acustiche e in alcuni casi creato nuove parti di chitarra elettrica, avevo ricantato tutte le linee vocali soliste e avevamo praticato un primo editing su tutte queste parti; Michele ha risuonato tutte le parti di batteria e inserito parti di drum machine. Eravamo pronti per il passo successivo della produzione datato, 18 novembre: l’intervento del jazzista Emanuele Maniscalco. Avrebbe dovuto riprodurre “il senso” delle mie parti di tastiere programmate in precedenza e arricchire ogni pezzo. Avevamo concordato questa strumentazione: pianoforte, sintetizzatore ob6, sintetizzatore Poly-D, philicorda e un microfono pronto per i cori. Nuove interpretazioni da aggiungere. Avrebbe avuto anche ampio margine di scelta e possibilità improvvisative, date le sue qualità da fuoriclasse e il suo gusto che io e Michele conoscevamo e che sentivamo calzante per la sonorità che avevamo in mente. Si sarebbe aggiunto un altro punto di vista dello stesso pensiero.

Il 9 dicembre Michele ha finito il mix e insieme abbiamo ascoltato il risultato di questa ulteriore fase interpretativa, dopo poche settimane ha masterizzato e mi ha spedito le tracce per l’ultimo ascolto. Tutti i pezzi avevano acquisito il giusto mordente, in alcuni casi una vera e propria nuova vita. Ma qual è il fine ultimo di queste fasi, di questo stratificarsi di interpretazioni, di questo lavoro che nasce per sua natura multidisciplinare? Secondo me è la messa in scena sonora di un testo. Negli anni mi sono fatto l’idea che il significato della canzone stia soprattutto nella parte letteraria. E questo non significa assolutamente che la parte musicale sia di secondaria importanza. Anzi, in alcuni casi può essere strabordante, vertiginosamente sviluppata e di durata ben maggiore della parte cantata (o recitata). Ma anche in questo caso è una sorta di trasposizione di un’idea letteraria. Secondo me, inoltre, solo uscendo dal cosiddetto “genere canzone”, e mescolando svariati ingredienti si può trovare (o creare) musica “leggera” interessante. Ma il pensiero resta non-musicale, è letterario. “Di cosa parla la canzone?”, “Cosa vuoi dire con questa canzone?”, queste domande sono legittime e sono le più frequenti. La canzone è un genere letterario e musicale. Il pensiero di un compositore – per intenderci: un compositore di musica pura, di musica “colta” – è di natura musicale. Lo può tradurre in parole, ci sono le parole giuste per dirlo, le parole della musica, dell’analisi musicale, della musicologia. Anche lui può servirsi di un testo, ma spesso piega il testo alla sua filosofia della musica. Nella canzone c’è il procedimento inverso. Forse è per questo che un cantautore ha potuto vincere il Premio Nobel per la Letteratura (ed è stato un avvenimento epocale e necessario, oltre che meritato dall’artista). Un altro buon esempio di musica non assoggettata a un pensiero letterario è l’espressione degli improvvisatori, che sentono e trasferiscono direttamente nei suoni il loro pensiero: qui certo la letteratura non è in gioco e il pensiero può essere totalmente musicale. Anche nel caso, non so quanto recondito, che il musicista improvvisi sull’onda dell’emozione suscitatagli da qualche avvincente lettura. Succede anche, va detto, che nasca un’idea musicale come prima cosa: anche a me è successo proprio in questo disco due o tre volte, soprattutto perché ho utilizzato strumenti nuovi, con i quali, mentre scrivevo, andavo prendendo confidenza, e il timbro particolare di questi strumenti mi ha portato a immaginare progressioni armoniche e melodie, prima di avere un’idea letteraria. Tuttavia, molto presto, ho trasferito queste sensazioni in un’idea letteraria, e quindi vale ancora ciò che ho detto sopra: l’idea letteraria è diventata portante e la musica è servita da materiale con cui ho messo in scena l’idea.

È stato difficile, per questo album, trovare la scaletta giusta. L’album ha un suo tempo interno e la struttura deve adattarsi a questo tempo. Mi piace pensare che la musica (tutta la musica) sia già nell’aria, attorno a noi, dobbiamo solo raccoglierla, come si raccoglie nell’acqua del lago un giocattolo caduto, dobbiamo prendere la musica con le mani e condividerla. Eccola, senti?  

credits

released December 16, 2022

Giovanni Peli: voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, basso a scala corta, armonica, programmazioni.
Michele Marelli: batteria e drum machine
Emanuele Maniscalco: sintetizzatori Ob-6 e Poly-D, pianoforte, philicorda, cori.
Silvio Uboldi: tastiere in Di buono ha solo la ferocia.
Testi e musica di Giovanni Peli.
Prodotto da Giovanni Peli e Michele Marelli.
Registrato, mixato e masterizzato al Monolith Studio di Brescia.
Fotografie di Fabiana Zanola
Il ricavato andrà all'Associazione Culturale Lamantica, per produrre altri libri su carta azzurra.

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Peli Giovanni Brescia, Italy

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